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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2025

Camminiamo insieme nella speranza
27 febbraio 2025 MCLI Amt-Limmattal

Cari fratelli e sorelle!
Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pelle

grinaggio annuale
della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra,
ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter
celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e
sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella
vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (
1Cor 15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede
ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già
realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfr Gv 10,28; 17,3) [1].
In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi
alcune riflessioni su cosa significa camminare insieme nella speranza, e scoprire
gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come
persone e come comunità.
Prima di tutto, camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa
pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel
libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato
dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo
ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono
da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé
e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti
pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da
questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico,
con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di
comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza
di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà
concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da
scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del
Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante.
In secondo luogo, facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere
sinodali, questa è la vocazione della Chiesa [2]. I cristiani sono chiamati a fare
strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire
da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi
[3]. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune
dignità di figli di Dio (cfr Gal 3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza
calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che
qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione,
verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.
In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre
famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose,
siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di
arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni.
Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come
vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un
atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a
noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità
o se le teniamo ai margini [4]. Questo è un secondo appello: la conversione alla
sinodalità.
In terzo luogo, compiamo questo cammino insieme nella speranza di una
promessa. La speranza che non delude (cfr Rm 5,5), messaggio centrale del
Giubileo [5], sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria
pasquale. Come ci ha insegnato nell’Enciclica Spe salvi il Papa Benedetto XVI,
«l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella
certezza che gli fa dire: “Né morte né vita, né angeli né principati, né presente
né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà
mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (
Rm 8,38-39)» [6]. Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto [7] e vive e
regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la
grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!
Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio
e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la
convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se
potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per
accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi
della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della
casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?
Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella
speranza che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura
e salda [8]. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» ( 1Tm
2,4) e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Così si
esprimeva Santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il
giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua
impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto
breve» ( Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3) [9].
La Vergine Maria, Madre della Speranza, interceda per noi e ci accompagni nel
cammino quaresimale.
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 febbraio 2025, memoria dei Santi Paolo Miki e
compagni, martiri.
FRANCESCO